Da 'a
me riva... (in morte di F. De
Andrè)
Dicono
che noi Liguri siamo gente poco propensa ad esternare i propri sentimenti, a
comunicarli, a dividerli con gli altri. Forse in parte è vero!
Sarà la
millenaria, ciclopica fatica per strappare alle montagne un fazzoletto di terra
da coltivare; sarà quel sentimento di amore-odio che nutriamo nei confronti del
mare, fonte di sussistenza e causa di morte.
Sta di
fatto che di fronte alla fatica di vivere, le parole servono a poco. E di
fronte allo scempio della morte, anche meno.
Fabrizio
De Andrè ci ha lasciati.
Della
sua arte, del suo ruolo in seno al fenomeno culturale della canzone d'autore,
si è detto tutto ciò che c'era da dire.
Sul
fatto che avesse dato voce, attraverso la sua poesia in musica, a tutti coloro
che, per un verso o per l'altro, vivono ai margini della società, sono stati
versati fiumi di inchiostro.
Sulla
riscoperta, la rielaborazione, l'uso del dialetto genovese e più in generale di
quelle musicalità tipicamente mediterranee, si sono scomodati fior di
letterati, musicisti, filosofi e poeti.
Resta
solo una piccola nicchia per un commosso saluto da parte di chi, lontano da
Genova, lontano dai funerali di massa, lontano dalle dichiarazioni di amici,
colleghi, collaboratori, autorità pubbliche e immancabili sciacalli, non ha
potuto fare altro che riascoltare ancora una volta Creuza de ma, commuovendosi nel risentire le voci familiari del
mercato del pesce di P.zza Cavour.
Addio De
Andrè e grazie per aver dato una voce anche a chi, come noi expat, di parole ne ha sempre potuto
spendere poche, impegnati com'eravamo a combattere l'intolleranza da una parte
e la nostalgia dall'altra. Sarà anche perché in Australia si
"mugugna" poco e soprattutto non ci si "incazza" mai! In
compenso si scrivono molte "letters of complaints".
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