Terza puntata
Anche volendolo fare molto succintamente, non è proprio possibile per motivi di tempo, ripercorrere quel grande dramma storico, vissuto soprattutto al femminile, che fu l’Inquisizione. Troppe le connotazioni di ordine socio-politico e religioso che lo contraddistinsero e che andrebbero discusse. Mi limito quindi a farne cenno in questo contesto in cui voglio presentare una determinata figura femminile. E quella della cosiddetta strega è forse l’immagine più suggestiva, più fortemente radicata nell’immaginario collettivo popolare. Ma la Storia non è fatta di suggestioni più o meno paurose, “la Storia siamo noi” diceva De Gregori in una sua canzone; la Storia è fatta di persone e in questo caso di donne; e la cosiddetta strega è una donna che quasi sempre si ribella alla morale consolidata, che non rinuncia alle proprie scelte e che in molti casi queste scelte finisce con il pagarle con la vita.
Tra i tanti episodi di processi per stregoneria, ne ho scelto uno in particolare, quello di Nogaredo del 1646, in quanto esso è narrato magistralmente in musica da Ivano Fossati nella canzone Lunario di Settembre del 1990. La vicenda ha inizio a Nogaredo, nei pressi di Trento, il 24 novembre del 1646, data in cui Maria, nota con il soprannome di Mercuria, viene accusata di stregoneria per aver aiutato ad abortire una ricca donna del paese, la marchesa Bevilacqua. Un po’ per dissapori personali ma soprattutto per porre fine allo strazio della tortura fisica, Mercuria addita Domenica Chemelli e sua figlia Lucia di esser anche loro colpevoli. E’ l’inizio di una catena di accuse e di conseguenti interrogatori che allo scopo di ottenere le confessioni, vengono condotti anche torturando atrocemente le indiziate. Il processo dura un anno e a nulla valgono le difese degli avvocati delle donne, il fatto che il Cancelliere era tirato direttamente nel processo per giudicare le donne che avrebbero ucciso sua figlia e sua moglie, che le accuse iniziali erano mosse da chiara diffamazione tra donne che si accusavan l’un l’altra pur di salvarsi, che molte delle testimonianze furono suggerite dagli inquisitori durante le torture, che i medici affermarono che i molti “marchi del diavolo” ritrovati sui corpi delle giovani durante gli interrogatori ove venivano denudate e rasate completamente per scrutarne le parti più intime e segrete erano di origine naturale, e che, come si legge dagli atti della difesa “…se ad aprir una inquisizion criminale ponno bastare indizi ancor lievi, per carcerare se ne richiedono di fondati, per tormentare di urgenti, per condannare di chiari come la luce del sole…”. Il 14 Aprile 1647 la sentenza venne eseguita dal boia Ludovico Oberdorfer di Merano: Domenica Chemella, Lucia Cadaven, Domenica, Isabetta e Polonia Graziadei, Caterina Baroni, Ginevra Chemola e Valentina Andrei, furono condannate alla decapitazione e al rogo dei loro corpi tenuta in località Giare e alla quale dovette assistere tutta la popolazione, pena un'ammenda di 25 ducati. I beni delle donne furono confiscati.
Danilo Sidari - 2011
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