La liberazione di Pinochet
La FILEF, Federaz. Italiana
Lavoratori Emigrati e Famiglie, unisce il proprio sdegno a quello generale suscitato
dalla scandalosa decisione del ministro
degli interni britannico Jack Straw,
di non autorizzare l'estradizione in Spagna dell'ex-dittatore cileno generale
Augusto Pinochet.
Pinochet è troppo malato per
essere estradato in un altro paese e per essere processato, questa la
motivazione ufficiale.
Una decisione dettata più da
esigenze di realpolitik e di mercato
che non da motivi umanitari, come è stato detto.
Una decisione avallata se
non addirittura caldeggiata da coloro che, per differenti motivi, hanno sempre
osteggiato l'ipotesi che l'ex-dittatore fosse giudicato da un tribunale: dal
primo ministro spagnolo Aznar (la Spagna ha forti interessi economici in Cile),
al Vaticano e al suo segretario di stato, il cardinal Sodano che molto si è
dato da fare per tirare fuori dai guai il suo amico di quando fu nunzio in
Cile, passando per la signora Thatcher che si è instancabilmente battuta per la
liberazione del compagno di tè, guerre (come quella delle Falklands) e affari
legati alla vendita di armi e concludendo con le patetiche reazioni del governo
di Eduardo Frei che ha passato i 17 mesi trascorsi dall'arresto di Pinochet a
spremersi in una difesa dell'ex-dittatore oltre i limiti della decenza,
anziché ringraziare la giustizia
spagnola e inglese che aveva fatto quel che lui e i suoi predecessori non erano
stati capaci di fare in dieci anni di democrazia.
Anche in Italia, pur
contandosi almeno sette cittadini italiani torturati ed uccisi durante il
regime Pinochet, non c'è stata nessuna reazione ufficiale del governo.
A questo punto, più che le
dichiarazioni del neo primo ministro cileno Ricardo Lagos in cui si promettono
improbabili processi contro Pinochet (che gode di un patto - negato ma reale -
di impunità per se stesso e per i suoi uomini in cambio di una tranquilla transizione democratica in
Cile) è doveroso, a
nostro avviso, condannare il fatto che ancora una volta una decisione così
importante sia stata presa da un politico e non da un tribunale. Non v'è
dubbio, infatti, che la decisione di rilasciare Augusto Pinochet sulla base
delle sue condizioni di salute avrebbe dovuto essere presa da un tribunale.
Ma si vuole anche sottolineare
come il caso Pinochet, pur nella sua amara conclusione, ha almeno incrinato la
tradizionale impunità che spettava fino a ieri a coloro che cosi' pesantemente hanno
violato e violano i più elementari diritti umani.
La constatazione che ci sono
voluti mesi prima di spingere la Gran Bretagna (e con lei l'Europa) a rispedire
al mittente l'ex-dittatore avvalora le dichiarazioni di Amnesty International
secondo cui il caso Pinochet è stato "il precedente più importante in
materia di diritti umani dai tempi del processo di Norimberga" e che
quindi esso ha contribuito enormemente a far si che una nuova legislazione sia
venuta in qualche modo alla luce. La tortura è stata riconosciuta come un
crimine internazionale e come tale impone agli stati di rispondere ad eventuali
richieste di arresto e di estradizione da parte di altri stati. I dittatori non
potranno più sperare sull'impunità per i crimini che hanno commesso e che sono
stati riconosciuti come crimini punibili in qualunque stato.
marzo 2000 F.I.L.E.F.
- Sydney
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