Tuesday, December 8, 2015

MAI PUBBLICATI - NEVER PUBLISHED

La liberazione di Pinochet

La FILEF, Federaz. Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie, unisce il proprio sdegno a quello generale suscitato dalla scandalosa decisione del ministro  degli interni  britannico Jack Straw, di non autorizzare l'estradizione in Spagna dell'ex-dittatore cileno generale Augusto Pinochet.
Pinochet è troppo malato per essere estradato in un altro paese e per essere processato, questa la motivazione ufficiale.
Una decisione dettata più da esigenze di realpolitik e di mercato che non da motivi umanitari, come è stato detto.
Una decisione avallata se non addirittura caldeggiata da coloro che, per differenti motivi, hanno sempre osteggiato l'ipotesi che l'ex-dittatore fosse giudicato da un tribunale: dal primo ministro spagnolo Aznar (la Spagna ha forti interessi economici in Cile), al Vaticano e al suo segretario di stato, il cardinal Sodano che molto si è dato da fare per tirare fuori dai guai il suo amico di quando fu nunzio in Cile, passando per la signora Thatcher che si è instancabilmente battuta per la liberazione del compagno di tè, guerre (come quella delle Falklands) e affari legati alla vendita di armi e concludendo con le patetiche reazioni del governo di Eduardo Frei che ha passato i 17 mesi trascorsi dall'arresto di Pinochet a spremersi in una difesa dell'ex-dittatore oltre i limiti della decenza, anziché  ringraziare la giustizia spagnola e inglese che aveva fatto quel che lui e i suoi predecessori non erano stati capaci di fare in dieci anni di democrazia.
Anche in Italia, pur contandosi almeno sette cittadini italiani torturati ed uccisi durante il regime Pinochet, non c'è stata nessuna reazione ufficiale del governo. 
A questo punto, più che le dichiarazioni del neo primo ministro cileno Ricardo Lagos in cui si promettono improbabili processi contro Pinochet (che gode di un patto - negato ma reale - di impunità per se stesso e per i suoi uomini in cambio di una tranquilla transizione democratica in Cile) è doveroso, a nostro avviso, condannare il fatto che ancora una volta una decisione così importante sia stata presa da un politico e non da un tribunale. Non v'è dubbio, infatti, che la decisione di rilasciare Augusto Pinochet sulla base delle sue condizioni di salute avrebbe dovuto essere presa da un tribunale.
Ma si vuole anche sottolineare come il caso Pinochet, pur nella sua amara conclusione, ha almeno incrinato la tradizionale impunità che spettava fino a ieri a coloro che cosi' pesantemente hanno violato e violano i più elementari diritti umani.
La constatazione che ci sono voluti mesi prima di spingere la Gran Bretagna (e con lei l'Europa) a rispedire al mittente l'ex-dittatore avvalora le dichiarazioni di Amnesty International secondo cui il caso Pinochet è stato "il precedente più importante in materia di diritti umani dai tempi del processo di Norimberga" e che quindi esso ha contribuito enormemente a far si che una nuova legislazione sia venuta in qualche modo alla luce. La tortura è stata riconosciuta come un crimine internazionale e come tale impone agli stati di rispondere ad eventuali richieste di arresto e di estradizione da parte di altri stati. I dittatori non potranno più sperare sull'impunità per i crimini che hanno commesso e che sono stati riconosciuti come crimini punibili in qualunque stato.


       marzo 2000                                                                                                     F.I.L.E.F. - Sydney

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